Medici e infermieri: ecco i numeri che spiegano la grande emergenza del Ssn, la politica ora batta un colpo


Gravi problemi affliggono il Servizio sanitario nazionale. Un complesso di considerazioni e analisi fondate su fonti certificate è la premessa per affrontare adeguatamente il problema della carenza di personale sanitario, che rappresenta l'elemento più importante e difficile da risolvere tra le varie criticità in atto. “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo ed interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti”. È quanto sancisce l'articolo. 32 della Costituzione, che definisce il diritto alla salute, a cui si accompagnano i principi fondamentali del Servizio sanitario nazionale, cioè Universalità, Uguaglianza ed Equità.
La Legge 833 del 1978 del ministro Tina Anselmi istituì proprio il Servizio sanitario nazionale, caratterizzato da un complesso di funzioni, strutture, servizi e attività. La crisi economica del 2008 e le misure di contenimento della spesa pubblica hanno portato ad un progressivo indebolimento del Servizio sanitario. L'emergenza della pandemia da Covid 19 ha aggravato queste criticità, ma ha anche rappresentato un'occasione per rivalutare e ripensare il Ssn, riportandolo al centro dell'agenda politica come una priorità fondamentale.
Veniamo al capitale umano e al potenziamento e valorizzazione del personale sanitario, che è il motore principale del Ssn. Attualmente, in Italia, vi sono 4,2 medici specialisti, solo in parte ospedalieri, ogni mille abitanti. Questo dato ci colloca nella media europea, ma esiste un problema in molte specialità mediche che va analizzato nel dettaglio. A seguito dei vari piani di rientro dal debito e del conseguente blocco delle assunzioni durato diversi anni, in assenza di qualsiasi programmazione, attualmente mancano negli ospedali italiani circa 30mila specialisti e il confronto con gli altri Paesi europei mostra disparità davvero molto gravi (-60.000 rispetto alla Germania, -45.000 rispetto alla Francia, dati Eurostat).
La percentuale complessiva di borse di studio attualmente non assegnate per tutte le specializzazioni è del 25%, ma la tipologia e rilevanza delle scuole di specializzazione con un numero elevato di borse non assegnate è preminente. Vi sono infatti ben 15 Scuole di specializzazione, tutte di grande importanza che registrano, in ordine progressivo, una percentuale di borse di studio bandite ma non assegnate che va dall'89% al 40%. Eccole nel dettaglio: microbiologia e virologia, patologia clinica, farmacologia, radioterapia, cure primarie, cure palliative, biometria, medicina nucleare, medicina di emergenza-urgenza, anatomia patologica, nefrologia, chirurgia toracica e generale, anestesia e genetica medica. Gli specializzandi che decidono di scegliere queste scuole devono essere incentivati adeguatamente a farlo e trattenuti nel nostro Paese.
Per quel che attiene poi al personale infermieristico il nostro Paese, con 6,5 infermieri per mille abitanti, si colloca in una situazione di assoluta retroguardia rispetto agli altri Paesi europei, nettamente inferiore a Germania (13), Francia (11) e Regno Unito (8,6) e addirittura peggiore della Romania (8,2), per un totale di 70.000 infermieri in meno. E, negli ultimi anni, le domande di ammissione stanno diminuendo notevolmente rispetto ai posti disponibili. Il ruolo e le attività degli infermieri devono essere fortemente valorizzati negli ospedali italiani anche con mansioni che, giustamente, ne riconoscano le loro capacità.
Infatti, per entrambe le professioni, medica e infermieristica, è crescente il fenomeno dell'esodo dei neolaureati dal nostro Paese. Moltissimi clinici lasciano l'Italia non appena conseguono il diploma di laurea o subito dopo la specializzazione. I giovani medici che rappresentano il 21% dei 195.000 medici del Ssn sono attualmente attratti verso il privato o l'estero per le retribuzioni più alte e le migliori condizioni di lavoro. Bisogna trattenerli e valorizzarli con iniziative precise che affrontino il tema economico e professionale.
Non solo. I medici specialisti over 65 nel nostro Paese rappresentano ben il 27% del totale. Si tratta del valore il più elevato in Europa, rispetto, ad esempio, al 19% della Francia, al 9% della Germania, al 7% dei Paesi Bassi, al 6% della Romania e al 2% del Regno Unito. Questi dati sono estremamente importanti, perché esprimono la certezza che il numero dei medici specialisti in Italia, nei prossimi anni e fin da subito, sia destinato a crollare con conseguenze disastrose, per effetto del combinato disposto del mancato accesso a molte scuole di specializzazione, del crescente esodo dei clinici verso altri Paesi e dell'elevata età media dei medici, che a breve determinerà il pensionamento di molti specialisti. È davvero sorprendente come, anche negli ultimi anni, non sia stato adottato nessun provvedimento per prevenire questa gravissima criticità.
Infine, vanno evidenziati i dati relativi alle retribuzioni dei medici specialisti italiani rispetto agli altri Paesi europei, a parità di potere di acquisto (media di 78.000 euro lordi). Un medico ospedaliero specialista in Germania guadagna quasi il doppio rispetto a un collega italiano. Si rilevano valori superiori anche per il Regno Unito (oltre 100.000 euro), la Francia (91.000), il Belgio (117.000), l'Olanda (163.000), l'Irlanda (174.000) e persino la Spagna (84.000). La retribuzione degli specialisti ospedalieri italiani risulta superiore solo ai loro colleghi di Portogallo, Grecia ed Estonia (dai OCSE). I dati riportati si riferiscono al 2021, ma è va osservato che negli altri Paesi dopo il Covid, in questi ultimi 3 anni, si sono registrati ulteriori consistenti aumenti.
Per concludere, uno dei problemi più acuti del nostro Ssn, che è rappresentato dalle liste di attesa per esami diagnostici e interventi chirurgici, è strettamente interconnesso con la carenza di personale sanitario, medici specialisti, infermieri e medici di medicina generale. L'unico sistema per recuperare le liste di attesa è aumentare il numero delle prestazioni sanitarie, ma l'obiettivo non può essere realizzato senza un consistente aumento del personale, anzi in presenza di una sua progressiva notevole diminuzione. Infatti, assistiamo attualmente ad una significativa riduzione di prime visite e visite di controllo effettuate annualmente rispetto agli anni precedenti. Questa diminuzione oscilla, nelle diverse Regioni, tra il 2% ed il 55%.
La buona notizia del recupero fiscale di 33 miliardi di euro rispetto agli anni precedenti, annunciata dalla Presidente del Consiglio Meloni qualche tempo fa, potrebbe convincere il Governo ad utilizzare una parte di questa somma per iniziare a risolvere davvero i più importanti problemi della nostra Sanità. Ad esempio, dovrà essere previsto intanto un incremento consistente del numero di specialisti ospedalieri, insieme ad un significativo aumento retributivo mensile per tutti i dirigenti medici in servizio, così come l'assunzione di molti nuovi infermieri negli ospedali, accompagnata da un incremento retributivo mensile anche in questo caso significativo.
Noi non possiamo che consegnare alla Politica questi dati e queste valutazioni, ma solo la Politica può assumere le decisioni più appropriate nell'interesse di tutti i cittadini.
* Coordinatore FoSSC (Forum delle Società Scientifiche dei Clinici Ospedalieri ed Universitari Italiani)
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