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Stipendi dei medici? Lontani dal tetto massimo, più vicini i direttori generali

Stipendi dei medici? Lontani dal tetto massimo, più vicini i direttori generali
Salute

A gioire della sentenza della Corte costituzionale appena depositata sono probabilmente in molti tra i dirigenti pubblici, ma certo non i dirigenti medici. E’ accaduto che la Corte, pur ribadendo che la previsione di un “tetto retributivo” per i pubblici dipendenti non contrasta di per sé con la Costituzione, ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 13, comma 1, del decreto-legge n. 66 del 2014, come convertito, che l’ha fissato nel limite di 240.000 euro lordi anziché nel trattamento economico onnicomprensivo spettante al primo presidente della Corte di cassazione. È in base a tale parametro, come fino al 2014, che il “tetto” dovrà essere definito con DPCM, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti. Nel 2017 il vincolo era stato ritenuto “tollerabile in ragione della temporaneità della misura”, ma dopo 11 anni è divenuto evidentemente strutturale, assumendo profili di incostituzionalità.

In breve sintesi, il tetto introdotto nel 2014 dal Governo Renzi che, fino ad oggi, impediva agli stipendi della Pubblica amministrazione di superare € 255.000 lordi è stato dichiarato illegittimo e riprende vigore, di conseguenza, il riferimento al trattamento economico del primo presidente della Corte di cassazione che, nell’ultimo aggiornamento di 11 anni fa, prima del nuovo vincolo, era fissato ad € 311.658 annui, probabilmente in fase di prossimo aggiornamento. E’ quello che scaturisce dalla sentenza della Corte costituzionale n. 135, depositata il 28 luglio, che - a seguito della rimessione attivata con ordinanza del 13 novembre 2024 del Consiglio di Stato, sezione quinta, è intervenuta su di un ricorso presentato in appello da un presidente di sezione del Consiglio di Stato: è, quindi, una questione, intricatissima, relativa alle magistrature e al cumulo delle loro indennità per incarichi aggiuntivi, ma, per i suoi effetti, ha scontati riflessi su tutta l’alta dirigenza pubblica. La motivazione fondante della pronuncia è il principio dell’indipendenza della magistratura, tutelato in particolare dagli articoli 104 e 108 della Costituzione, principio che “va salvaguardato anche sotto il profilo economico” al fine di “evitare il mero arbitrio di un potere sull’altro”, come già sancito dalla stessa Consulta in una sentenza del 2012.

Nonostante, come detto, la vertenza sia sorta per gli specifici interessi dei magistrati, la decisione “non può che riguardare tutte le categorie assoggettate al tetto”, perché si occupa di “una scelta normativa a carattere generale”. La decisione ha effetto dal 29 luglio, ai sensi dell’art. 136 della Costituzione senza alcuna retroattività, trattandosi di illegittimità costituzionale sopravvenuta.

Il contenuto, le motivazioni e gli effetti della sentenza sono stati ben illustrati in due articoli di Gianni Trovati sulle riviste specializzate del Sole 24 ore, il secondo dei quali si riferisce, in particolare, alle trattative per il rinnovo del CCNL dell’Area delle Funzioni centrali, iniziate proprio ieri. E qui il discorso torna alla situazione dei medici per i quali - non so neanche più quante volte l’ho scritto - non esiste nemmeno l’Atto di indirizzo per il rinnovo di un contratto che è già scaduto da sette mesi.

Quale è il motivo per cui i dirigenti medici dovrebbero essere indifferenti riguardo alla pronuncia della Consulta ? Semplicemente perchè il livello retributivo massimo che può raggiungere una posizione apicale della dirigenza medica risulta di circa € 205.000. In tale importo, riferito ad un direttore di dipartimento, sono valutati i valori massimi concessi dal CCNL del 2024 relativamente alla retribuzione di posizione e alla sua maggiorazione - circostanza molto rara, in ogni caso -, e sono comprensivi di indennità rischio radiologico e di PS, nell’ipotesi che il soggetto lavori in detti contesti. Per la retribuzione di risultato è stato gioco forza indicare una stima, data la grande eterogeneità dei fondi aziendali e dei criteri di assegnazione: un importo di 2.500 € annui è plausibilmente realistico. Ovviamente, non è stata presa in considerazione la libera professione intramuraria, né compensi congiunturali come le prestazioni aggiuntive. Ora, anche ipotizzando un rapido rinnovo del CCNL, si dovrebbe trattare di un 6/7% di aumento che porterebbe, comunque, la cifra sopra indicata ad € 220.000, sempre abissalmente inferiore a quella di segretari generali e capi dipartimento di ministeri ed EPNE, ambasciatori, prefetti, ecc..

Ben diversa potrebbe invece essere la posizione dei direttori generali e, in generale, delle direzioni strategiche. Nell’articolo pubblicato sul sito lo scorso 22 luglio, segnalavo un emendamento all’art. 1 del DDL cosiddetto “Prestazioni sanitarie”, presentato da cinque deputati della maggioranza che portava il trattamento economico del direttore generale “in misura non superiore all’80 per cento del limite massimo retributivo del personale pubblico di cui all’articolo 13 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, e successive modifiche e integrazioni”, cioè quello abrogato l’altro ieri dalla Corte. Si tratta del numero 1.61, una delle 69 proposte emendative sul solo art. 1, pubblicata il 10 luglio.

Per effetto della sentenza di cui di parla, i direttori potranno dunque beneficiare di un insperato doppio aumento: quello originario, che aggancia il compenso ad € 240.000 (in realtà, € 255.127 per effetto delle modifiche apportate dalla legge di bilancio 2022) e quello indotto dalla Corte che ha abrogato tale importo, riportando il tetto retributivo al primo presidente della Cassazione. In pratica, i 192.000 € indicati nell’articolo diventano 249.000. Per doverosa completezza, va precisato che l’emendamento dice che “le regioni possono adeguare” e, in ogni caso, che l’importo è “in misura non superiore a ….”, quindi potrebbe essere anche molto meno. Va peraltro evidenziato che la proposta fa riferimento soltanto alle “regioni” e non, come da formula rituale, anche alle Province Autonome, perché a Bolzano, per esempio, al direttore generale e ai due direttori coadiuvanti nel 2024 sono mancati pochi spiccioli per toccare i 200.000 €.

D’altro canto, nella “Azienda Sanitaria dell’Alto Adige” sono presenti 47 dirigenti che superano i 200.000 € annui, con buona pace di quanto detto sopra in merito alla retribuzione massima percepibile da CCNL. Sicuramente ci saranno Regioni che adegueranno prontamente il trattamento al valore massimo e altre che - come in passato - sceglieranno una misura intermedia, ma sarà interessante verificare come si comporteranno quelle Regioni che pochi giorni fa hanno tagliato fino al 30% il trattamento accessorio del personale delle loro aziende sanitarie o quelle dove da anni non si attribuiscono gli incarichi e non si rivaluta la posizione variabile.

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