Ovociti fertilizzabili dalle cellule della pelle, una possibile rivoluzione per la Pma

Siamo un passo più vicini ad un traguardo che potrebbe rivoluzionare la medicina della fertilità, e il concetto stesso di riproduzione biologica. Un gruppo di ricercatori della Oregon Health & Science University di Portland ha infatti ottenuto, per la prima volta, degli ovociti umani aploidi (contenenti cioè un solo set di cromosomi) partendo dalle cellule della pelle, riuscendo anche a fertilizzarli utilizzando degli spermatozoi. Una scoperta che per ora rimane lontana dalle potenziali applicazioni cliniche, ma che in futuro potrebbe permettere di avere figli alle donne sterili senza bisogno di ricorrere all’eterologa, e persino di ottenere ovociti partendo dal materiale genetico di esseri umani di sesso maschile, e quindi di avere figli biologici anche a coppie dello stesso sesso.
Gameti artificialiOttenere un ovocita con il materiale genetico prelevato da una cellula somatica in teoria non è un processo particolarmente difficile. Si può fare, ad esempio, con una tecnica simile a quella utilizzata quasi 30 anni fa per creare la celebre pecora Dolly, il primo animale clonato al mondo. Si chiama trasferimento nucleare, e funziona più o meno così: si prende un ovocita, si rimuove il nucleo (in cui è contenuto il suo Dna), e si sostituisce con quello di una qualunque cellula matura.
Se si vuole ottenere un clone, come nel caso di Dolly, a quel punto è sufficiente stimolare la replicazione dell’ovocita così ottenuto e impiantarlo quindi in una madre surrogata, per ottenere un embrione dotato dello stesso materiale genetico dell’originale. Se si vuole fecondare l’ovocita con uno spermatozoo, però, le cose si fanno più complesse: i gameti, maschili e femminili, sono infatti cellule aploidi, che contengono solo metà dei cromosomi presenti nelle cellule somatiche, in modo che l’embrione risultante abbia metà del corredo genetico proveniente da ciascuno dei due genitori. Per riuscire a utilizzare queste tecniche per la riproduzione assistita è necessario quindi dimezzare in qualche modo il corredo cromosomico della cellula somatica di partenza. Ed è esattamente quello che sono riusciti a fare i ricercatori di Portland.
MitomeiosiPer superare il problema dell’eccesso di cromosomi, i ricercatori hanno fatto ricorso ad un farmaco sperimentale, noto come seliciclib o roscovitina, che utilizzato su ovociti induce quella che viene definita attivazione partenogenetica, inducendoli cioè a comportarsi come cellule fecondate. Il problema del farmaco è che induce la segregazione di alcuni dei cromosomi all’interno di corpi polari anomali, organelli in cui viene immagazzinato il materiale genetico in eccesso durante la meiosi, cioè la procedura di divisione cellulare da cui hanno origine i gameti (aploidi, per l’appunto). Un fenomeno che gli autori dello studio hanno deciso di definire mitomeiosi, perché in qualche modo intermedio tra quello con cui si replicano le cellule somatiche (la mitosi, in cui vengono mantenuti tutti i cromosomi della cellula originale) e la meiosi che genera cellule con metà del patrimonio cromosomico originale.
Proprio per questa proprietà all’apparenza indesiderata, i ricercatori hanno scelto di utilizzare la roscovitina nei loro esperimenti. Gli ovociti contenenti i 46 cromosomi prelevati dalle cellule della pelle sono stati infatti indotti a dimezzare il loro corredo genetico utilizzando la sostanza, e quindi fecondati con degli spermatozoi per ottenere degli zigoti con il materiale genetico di entrambi i gameti. La strategia è risultata vincente, anche se non mancano i problemi da superare prima di poterne immagginare un utilizzo reale.
Altri 10 anni di ricercheIl problema principale emerso dagli esperimenti dei ricercatori americani è che il processo di mitomeiosi indotto dalla roscovitina produce una segregazione casuale dei cromosomi. Non si ottiene cioè una copia di ognuno dei 23 cromosomi umani, ma 23 cromosomi scelti a caso tra quelli delle 23 coppie presenti nel nucleo della cellula originaria. Una volta fecondati, quindi, gli ovociti così ottenuti presentavano enormi anomalie cromosomiche: coppie spaiate di cromosomi, spesso in quantità anomala, e non avrebbero quindi potuto mai produrre un embrione effettivamente capace di svilupparsi in un essere umano.
Il processo per ora è anche poco efficiente, visto che delle 82 cellule uovo fecondate dai ricercatori meno del 10% è riuscita a svilupparsi fino allo stadio in cui di norma potrebbero essere impiantate in un utero femminile. Utilizzare la tecnica per tentare una gravidanza vera e propria, quindi, al momento resta impensabile. E anche superati i problemi più urgenti, arrivare a renderla talmente sicura da poterla usare per la riproduzione umana richiederà un enorme sforzo di ricerca: almeno altri 10 anni, a detta dei suoi inventori. Vista la posta in gioco, però, potrebbe valerne certamente la pena. Con la possibilità di ottenere ovociti dalle cellule somatiche si aprirebbe infatti la porta della procreazione medicalmente assistita anche a donne che non hanno più ovociti, a causa dell’età o di patologie o trattamenti farmacologici, e che non intendono fare ricorso alla donazione eterologa.
La Repubblica