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Narcolessia: vivere in bilico tra sonno e veglia. Solo 1 paziente su 3 riceve la diagnosi

Narcolessia: vivere in bilico tra sonno e veglia. Solo 1 paziente su 3 riceve la diagnosi

C'è chi lotta ogni giorno per restare sveglio, letteralmente. Chi teme una risata perché potrebbe farlo crollare a terra. Chi convive con un corpo che si spegne all’improvviso, senza preavviso. È la realtà quotidiana di chi soffre di narcolessia di tipo 1, una malattia rara e invalidante che cambia radicalmente il modo in cui si vive, si lavora, si ama, si socializza. In Italia sono circa 2.000 i casi ufficialmente diagnosticati, ma si stima che le persone realmente affette siano almeno il triplo. A rendere difficile la diagnosi è la somiglianza dei sintomi con quelli di altre condizioni neurologiche o psichiatriche. Il risultato? Ritardi nella diagnosi, anni di fraintendimenti clinici e una qualità della vita che, nel frattempo, peggiora.

I sintomi

Chi è affetto da narcolessia di tipo 1 affronta un’intera gamma di disturbi: sonnolenza diurna eccessiva, cataplessia (improvvisa perdita del tono muscolare in seguito a emozioni), paralisi del sonno, allucinazioni ipnagogiche o ipnopompiche e un sonno notturno profondamente disturbato. “La narcolessia di tipo 1 è una malattia che, nell’individuo affetto, impatta sulle 24 ore, rende molto difficile il funzionamento e impedisce la conduzione di una vita sana e produttiva – spiega Giuseppe Plazzi, neurologo, coordinatore del Centro per la Narcolessia e dei Disturbi del Sonno dell’Irccs Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna dell’Ospedale Bellaria e Professore di Neuropsichiatria infantile e dell’adolescenza dell’Università di Modena e Reggio Emilia. A questo si aggiungono ansia, irritabilità, difficoltà relazionali e perdita di autonomia.

La ‘faccia cataplettica’

La narcolessia di tipo 1 impatta in modo importante sulla vita dei pazienti. “Sia quando si presenta da giovani, con aumento di peso, la tipica ‘faccia cataplettica’ e disturbi del sonno che si riflettono sull’attenzione diurna, sia quando si manifesta più in là con gli anni, con cataplessia, paralisi del sonno, allucinazioni, disturbi del sonno notturno e sonnolenza diurna, potenziale causa di incidenti alla guida, domestici o sul lavoro”, sottolinea Massimo Zenti, Presidente Associazione Italiana Narcolettici e Ipersonni. “Per esempio, la cataplessia è un sintomo davvero invalidante: si presenta con cedimenti muscolari che possono partire dal volto per poi coinvolgere gli arti superiori e inferiori e portare la persona ad accasciarsi a terra. Il narcolettico è cosciente di quel che gli sta accadendo, ma non può reagire perché si trova in completa atonia. Anche le emozioni diventano un campo minato: una risata, una sorpresa o la rabbia possono innescare un episodio cataplettico, lasciando il corpo in completo stato di atonia, ma la mente cosciente. Uno stato sospeso, spaventoso, difficile da spiegare e da far comprendere.

Il ruolo della ricerca

Trattandosi di malattia rara, per i pazienti la ricerca è fondamentale. A Bologna, il Centro per la Narcolessia diretto dal neurologo Giuseppe Plazzi è un punto di riferimento nazionale e internazionale. Qui si studiano e si curano oltre 1.000 pazienti, più del 70% provenienti da fuori regione. Il centro è parte della rete scientifica europea ed è attivo in collaborazioni di lungo corso con istituti di ricerca di eccellenza come Stanford e Montpellier. Accanto alla clinica, c’è anche un importante impegno nella formazione universitaria e nella ricerca psicosociale: comprendere come la narcolessia impatti su apprendimento, vita scolastica e relazioni è parte fondamentale del lavoro. Nel 2024 è nata l’Aps Nait – Gruppo Narcolessia Italiano, una rete che unisce specialisti e centri italiani per migliorare la gestione clinica e scientifica della malattia. Obiettivo: costruire una base dati solida, promuovere formazione, organizzare eventi con le associazioni pazienti e far sentire meno soli coloro che convivono con questa condizione invisibile.

Una molecola allo studio

E oggi, per la prima volta, c’è una speranza concreta che la scienza stia per cambiare davvero le cose. Il New England Journal of Medicine ha pubblicato i risultati dello studio di fase 2b su oveporexton, una molecola che agisce direttamente sulla causa della narcolessia: la mancanza di orexina, un neurotrasmettitore che regola il ciclo sonno-veglia. “Oveporexton è un agonista sintetico del recettore 2 dell’orexina, ha quindi l’obiettivo di sostituire la carenza di orexina che causa questa patologia”, dichiara Plazzi. “I dati a supporto dello studio di fase 2b hanno dimostrato miglioramenti clinicamente significativi su tutto lo spettro dei sintomi che colpiscono i pazienti, sulle misure oggettive e soggettive dell’eccessiva sonnolenza diurna (EDS), sulla riduzione degli episodi di cataplessia, sulla gravità della malattia e sulla qualità della vita a tutti i dosaggi testati rispetto al placebo, durante le otto settimane di trattamento”.

I dati di efficacia

I dati sono promettenti. Oveporexton ha mostrato miglioramenti significativi in tutti i sintomi cardine: riduzione della sonnolenza, calo drastico degli episodi di cataplessia, maggiore stabilità emotiva e miglioramento della qualità della vita. La terapia è risultata efficace, sicura e ben tollerata. Il Centro di Bologna ha avuto un ruolo di primo piano nello studio, arruolando il maggior numero di pazienti. "Abbiamo finalmente uno strumento che non si limita a contenere i sintomi, ma li colpisce alla radice", spiega Plazzi. Se i dati della fase 3 (attesa entro fine 2025) confermeranno quanto osservato, potremmo trovarci di fronte a una svolta radicale”.

Una giornata senza limiti

Massimo Zenti, presidente dell’Associazione Italiana Narcolettici e Ipersonni, conferma quanto questa terapia abbia già cambiato la vita a chi l’ha sperimentata: "Molti pazienti sono riusciti, per la prima volta, a vivere una giornata intera senza sintomi, senza stanchezza paralizzante e senza l'effetto collaterale dell’annebbiamento. È una rivoluzione". Chi soffre di narcolessia di tipo 1 non chiede miracoli. Chiede di poter vivere una vita normale. Andare al lavoro senza temere di addormentarsi. Guidare. Partecipare a una conversazione senza il timore di cadere a terra. Provare gioia senza paura. Grazie alla ricerca, quel giorno potrebbe essere molto più vicino.

repubblica

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