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Medici ospedalieri: così rischiano di essere emerginati nelle nomine da regioni e università

Medici ospedalieri: così rischiano di essere emerginati nelle nomine da regioni e università

L’assegnazione dei primariati ospedalieri ai docenti universitari è una pratica comune che ha una lunga storia in Italia. In molti casi, i professori universitari, in particolare quelli di ruolo, aggregati e associati, sono responsabili di un’intera divisione o di un servizio speciale di diagnosi e cura in ospedale.

In passato, questa pratica era regolamentata da convenzioni specifiche tra l’ente ospedaliero e l’università, che prevedevano una ripartizione dei compiti e delle responsabilità tra i docenti e i primari. Ad esempio, il decreto legislativo 129 prevedeva l’attribuzione della qualifica di primari ospedalieri ai professori universitari, in quanto responsabili delle divisioni.

Attualmente, questa situazione è in evoluzione, con una maggiore attenzione al ruolo dei docenti universitari nell’ambito della sanità. Le convenzioni tra università e ospedali sono sempre più orientate a promuovere, la collaborazione e la sinergia tra le due istituzioni, al fine di migliorare la qualità delle cure e la formazione dei medici.

Ultimamente la Regione Lombardia ha promosso l’iniziativa di poter scegliere i primari universitari direttamente da parte dalla regione e non più solo dagli atenei.

E’ la proposta dell’assessore al Welfare Bertolaso per modificare i criteri di nomina negli ospedali convenzionati. La bozza di protocollo presentata prevede che le nomine dei nuovi direttori dei reparti avvengano solo dopo un accordo tra Regione e Università, e non - come è avvenuto finora, in automatico, d’intesa con i direttori degli ospedali. I vertici di Palazzo Lombardia puntano anche a decidere dove inviare i nuovi primari, se negli ospedali più grandi e rinomati o in quelli più piccoli e meno attrattivi, e per questo più sguarniti sul fronte dell’organico. Già ad aprile, Mario Melazzini, direttore generale Welfare della Regione aveva avvertito le aziende che non sarebbero state autorizzate nuove convenzioni per l’affidamento di funzione assistenziale a personale universitario in attesa della ridefinizione del protocollo d’intesa tra Regione Lombardia e le Università lombarde sedi delle facoltà di Medicina e chirurgia. Protocollo con cui la sanità lombarda vuole avere la supervisione di queste decisioni, anche per poter indirizzare i primari nelle strutture ritenute più idonee.

Su questa operazione, che si sta diffondendo anche in altre regioni, sono intervenute le organizzazioni sindacali dei medici ( Anaao, Cimo, Acoi ) per salvaguardare il ruolo dei medici ospedalieri minacciati dalla così detta “clinicizzazione” delle strutture ospedaliere, chiedendo al ministero della Salute e alla Conferenza delle Regioni di intervenire urgentemente.

La direzione dei “primariati” viene sempre più spesso affidata a professori universitari nominati dal Rettore, e adesso anche dalla Regione. Sanitari che non devono superare un concorso come invece richiesto agli ospedalieri nonostante il personale medico sia prevalentemente, se non esclusivamente, ospedaliero.

In un momento di particolare crisi dei medici ospedalieri, costretti a lavorare in condizioni inaccettabili per far fronte alle gravi carenze di personale, è intollerabile, affermano i Sindacati, aggiungere ulteriori cause di demotivazione, che spingeranno sempre più i sanitari ad allontanarsi dal Ssn. Demotivazioni collegabili alla loro emarginazione nella “riserva” di un Ssn povero e per i poveri, lasciando ad altri il “lusso” della formazione, della didattica e dell’assistenza nei settori ad alta specializzazione.

Occorre, viene ribadito, definire in modo chiaro e trasparente la dotazione strutturale e l’organizzazione necessarie alla didattica e alla ricerca, al fine di evitare di disperdere in mille rivoli risorse fondamentali e di creare una reale collaborazione tra Università e Ospedali nel rispetto delle funzioni e dei ruoli di ciascuno, dando vita agli ospedali di insegnamento per garantire una formazione di qualità ai medici specializzandi. All’improvviso, gli ospedalieri si ritrovano, invece, non solo senza alcuno sbocco di carriera, ma devono, anche, farsi carico della responsabilità di occuparsi della formazione pratica dei medici specializzandi affidati a quel determinato reparto. Senza, peraltro, percepire alcun compenso aggiuntivo e riconoscimento professionale.

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