La musicoterapia in terapia intensiva può aiutare i pazienti con malattie cardiache


Nelle unità di terapia intensiva cardiologica un po’ di musica potrebbe giovare ai pazienti, aiutando a gestire lo stress e migliorando alcuni parametri cardiaci. È quanto emerge da una ricerca presentata all’interno del congresso dell’American College of Cardiology - Latin America 2025, a Mexico City, che ha analizzato l’efficacia di brevi trattamenti di musicoterapia su un piccolo campione di pazienti con coronaropatie, ossia con patologie a carico delle arterie coronarie.
Lo studioIl campione preso in esame contava in tutto 24 pazienti di età media di poco superiore ai 60 anni. Metà di questi ha ricevuto un trattamento di musicoterapia, che prevedeva nello specifico l’ascolto di musica per 45 minuti per 5 volte a settimana, in aggiunta ai trattamenti standard previsti dal ricovero. La musica, osservano gli autori, pare migliorare la stabilità fisiologica dei pazienti. “Dopo l’intervento, il gruppo di musicoterapia ha mostrato una riduzione statisticamente significativa della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa sistolica, della pressione arteriosa diastolica e delle asincronie rispetto al gruppo di controllo”, hanno spiegato gli autori della ricerca. Nello specifico si parla di asincronia paziente-ventilatore, ovvero di una condizione in cui non c’è corrispondenza tra le richieste respiratorie del paziente e il supporto meccanico e che può mettere a rischio la salute dei pazienti, per esempio danneggiando i polmoni.
Serviranno più studi"La musicoterapia è consigliata per i pazienti critici in tutto il mondo, come stabilito dalle linee guida della Society of Critical Care Medicine (Sccm)”, ha commentato Ilani Paola Santoyo Pérez, studentessa della University of Guanajuato di León, tra gli autori della ricerca. Nelle linee guida della Sccm, per esempio, sebbene si riconosca la mancanza di evidenze certe in materia, si raccomanda il ricorso alla musicoterapia come strategia per alleviare il dolore, anche riconoscendo l’assenza di effetti collaterali.
“I medici dovrebbero prendere in considerazione l’idea di integrare la musicoterapia nella loro pratica clinica, poiché si tratta di un intervento sicuro, economico, non farmacologico e non invasivo che completa i trattamenti convenzionali - riprende Pérez - Riducendo il disagio fisiologico, migliorando il comfort del paziente e promuovendo un'assistenza olistica e incentrata sul paziente, la musicoterapia migliora in definitiva sia l'esperienza del paziente che i risultati clinici”. Saranno però necessari studi più grandi per avvalorarne l’efficacia, concludono gli autori.
La Repubblica